Philippe Claudel : "Profumi". Inventario sentimentale degli odori di una vita

Pubblicato il 12/15/2013

Stagno autunnale

In genere diffido dei super successi editoriali, soprattutto in questi ultimi tempi, in cui il numero di ristampe è spesso inversamente proporzionale alla sua qualità dell'opera stessa.
Perciò quando ho visto in vetrina questo libro la prima volta, seppur tentata di acquistarlo, la fascetta che ne pubblicizzava la seconda edizione a pochi giorni dall'uscita, mi aveva indotto a rinunciare.
Per fortuna, alla fine la curiosità ha prevalso e pochi giorni fa ho comprato questo piccolo gioiello.


Philippe Claudel "Profumi"


In realtà, secondo me avrebbe dovuto intitolarsi "Odori" : infatti, l'autore ripercorre la propria vita, elencando in ordine alfabetico i sentori non sempre gradevoli, legati ad episodi, emozioni e persone del suo vissuto.

Ad esempio, passa dalla descrizione del profumo inebriante dei fiori di acacia, al miasma dei pisciatoi di una volta, e lo fa senza alcun giudizio sulla qualità buona o cattiva dei diversi effluvi.
Quello che conta è penetrare la profondità di emozioni e momenti, evocati attraverso la memoria dell'odore cui sono legati, in ogni stagione della vita.  

Bologna, Giardino Botanico

Una sorta di biografia olfattiva insomma, nata dal ricordo e dall'osservazione poetica di piccole cose in cui chiunque può riconoscersi, pur nella diversità di nomi e luoghi.
I boschi dell'infanzia, quindi, ma anche l'odore del cavolo cotto che esce dalla cucina...oppure quello delle chiese, o della crema solare usata dalla mamma.

Claudel ha il dono di una scrittura impressionista, suggestiva nella sua capacità di rendere vivi e tangibili i colori, le atmosfere e, appunto, gli odori. Una vera gioia per il lettore, che ne assapora ogni raffinata sfumatura, quasi centellinando ciascuna voce come fosse un calice di vino da meditazione.

Rose, fioritura autunnale


Non poteva mancare un capitolo dedicato al viaggio, e chiudo la mia recensione riportandone qui di seguito le prime righe: "Baudelaire – ancora lui – sapeva benissimo che i mondi possono stare dentro una boccetta o nei riccioli pesanti di una capigliatura addormentata. 
E io porto sempre con me i suoi versi, come un vademecum ben più utile di una guida di viaggio, di tutti i viaggi, dal momento che viaggiare è anche perdersi, disfarsi del noto per rinascere senza riferimenti e lasciare che siano i propri sensi a prendere possesso della terra. Fiutare allora, come non mai, l'alito dei Paesi nuovi..."


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